
Se dico “distorsioni”, agli appassionati di sport verranno subito in mente i dolori e le fasciature fatte a qualche caviglia malandata o l’immagine del ginocchio che si torce in modo innaturale.
Invece stavolta vi voglio portare in un mondo diverso, in un mondo dove si parla di un altro tipo di distorsioni: quelle che avvengono ogni giorno nella nostra mente.
Noam Chomsky, linguista di prestigio di livello internazionale, distingue due livelli di linguaggio verso gli altri e verso noi stessi.
Ad un primo livello esiste una struttura superficiale: tutto quello che diciamo espressamente a noi stessi o agli altri.
E poi a un secondo livello esiste una struttura profonda, cioè tutto l’insieme delle informazioni inconsce che rimangono inespresse.
Per riuscire a semplificare questo passaggio di informazioni, dal primo al secondo livello, il nostro cervello pratica dei tagli necessari. Può fare delle cancellazioni, eliminando qualcosa in modo da ridurre l’esperienza, facendole assumere le dimensioni che siamo convinti di essere in grado di gestire.
Può fare delle generalizzazioni come quando, ad esempio, una persona viene tradita da qualcuno e dice poi “Non ci si può fidare di nessuno”,
oppure se vieni tamponato che “la gente non sa più guidare”.
Oppure può fare delle distorsioni, cambiando il modo in cui viene dato un giudizio sommario dei dati sensoriali che si ricevono. Ad esempio quando presupponiamo che un silenzio significa che abbiamo offeso la persona;
o che un tono di voce alto voglia dire che la persona è arrabbiata con noi;
o che se non c’è la spunta blu sul messaggio di WhatsApp sta per accadere chissà quale sciagura: “non gli interesso, mi schifa, sono invisibile, ha un’altra” e così per ore fino allo sfinimento.
Oppure possiamo, e questa forse è anche peggiore, scegliere di distorcere la nostra esperienza in un modo che sembri funzionare per noi. Possiamo scegliere, cioè, di convincerci che se una persona ci tratta duramente è solo perché tiene molto a noi. Addirittura persone, di solito i bambini e le donne, si convincono che meritano di essere maltrattate perché è giusto così e che questo è per il loro bene.
Tornando ad esperienze più leggere, se qualcuno trova tutte le volte una scusa per non vederti o per non fare un lavoro con te magari ti convinci che è perché è davvero tanto impegnato. Attenzione, nessuno di questi dati è un fatto: si tratta di invenzioni delle nostre menti creative. Alcune funzionano bene, altre molto meno. Sarebbe sufficiente chiedere ma spesso non lo facciamo, nessuno ci ha insegnato a farlo, nessuno ci ha spiegato quanto sia importante farlo. In tutti questi anni di coaching ho conosciuto centinaia di individui e ribadisco che è davvero curioso scoprire come la maggior parte si rifiuti di guardare in faccia alla realtà, quando questa non coincide con i suoi desideri. Ed è un vero peccato, perché è proprio ciò che dovremmo abbracciare, specialmente le cose brutte.
D’altronde per le cose belle non c’è di certo bisogno di un’attitudine particolare per goderne, non trovate?
Le cose belle si lasciano amare da sé. Invece spesso, come dicevo, le persone tendono a “raccontarsela”. A volte quasi si divertono, creano dei mondi paralleli in cui quella data azione ha un perché vero solo per lui e questo è molto pericoloso perché ci si allontana dalla realtà, finché un giorno la realtà non bussa alla porta con tutto lo zaino pieno dei tuoi rimandi. Non siamo nel granducato del Bianconiglio! Noi siamo a Scandicci, a Firenze, a Prato, in Toscana, lavoriamo e studiamo, corriamo e pensiamo. Non troveremo mai uno Stregatto a indicarci la strada!
Comunque senza indugiare oltre in fiabe e racconti, immagino che sarà successo anche a te di chiederti come hai fatto a non accorgertene prima che non era la persona giusta, com’è possibile che quel cliente non te lo abbia detto chiaramente oppure perché è successo proprio a te e cosa hai fatto per meritartelo. Ebbene, in tutti questi casi sono loro, le distorsioni che hanno creato questo tuo universo parallelo dove la tristezza si è vestita di gioia o la solitudine ha preso le sembianze dell’indipendenza. Quando ti accorgi di quanto sono pericolose le distorsioni mentali vorresti mille volte di più di averne alle caviglie piuttosto che crearle nella tua mente. Comunque, tranquilli, si può fare un clic e invertire il flusso prima del disastro.
E’ sufficiente darsi il tempo di assaporare anche ciò che non ci piace, non cercare di trasformarlo subito in una buona sensazione per forza ma accettarne il sapore, qualunque sia, ed essere consapevoli che sta succedendo. Un po’ come quando si dice che quando cadi devi rialzarti subito, scrollandoti la polvere di dosso e ripartire. Secondo me ci siamo quasi ma non è del tutto ok. “Quando cadi pensa a rialzarti subito” è un buon inizio, ma secondo me è meglio stare un attimo in terra, toccare il terreno, capire cosa è successo e poi rialzarti, con energia e sicurezza ma senza scrollarsi un bel niente.
Tutto quello che succede può servire per crescere e quindi è bene percepire la varietà dei sapori per imparare ad essere migliori la volta successiva.
Senza distorsioni e fuori dalla tana del Bianconiglio.
Luca Paoli